Quella dei Duran Duran è una storia di fortuna, abilità e ambizione che ha portato la band da Birmingham Inghilterra, alla ribalta mondiale in pochissimo tempo. Tra il 1981 e il 1985 i cinque musicisti hanno percorso una parabola artistica e commerciale che ha pochi uguali nell’universo pop.
Poi sono andati avanti con varie formazioni, fino ad arrivare alla reunion di Astronaut (2004). Ora che il bassista e fondatore John Taylor racconta la sua versione dei fatti nel libro di memorie che ha per titolo Nel ritmo del piacere, è l’occasione giusta per riguardare indietro all’ascesa di un gruppo, nato dall’underground post-punk e diventano fenomeno di massa, simbolo stesso di un’epoca.
John mi riceve in un albergo, a Milano dove si trova per la presentazione del libro in versione italiana che, tiene a precisare, non è la biografia autorizzata dei Duran Duran. Da qui capisco che sarà molto facile riuscire a parlare del suo essere artista a tutto tondo. “Per parlare di me ho utilizzato la band, ma non parlo a nome di nessun altro. Ognuno ha vissuto le cose che ci sono capitate con spirito diverso” – dice. Lo testimonia anche il fatto che Wild Boy, il libro di Andy Taylor, edito nel 2008, è molto più indulgente in tema di retroscena avvelenati. In quello di John c’è passione, autenticità e una dettagliata analisi socio-culturale di come era l’Inghilterra tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli ‘80.
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