Il fenomeno punk britannico che con la sua grezza carica violenta, irriverente e trasgressiva, aveva frenato energicamente i sempre più ebili bollori del rock classico, spaccandogli le gambe in un momento di debolezza verso la metà degli anni ‘70, dovette a sua volta fare i conti con il successivo e più so sticato post-punk e con la popular new wave che raccolte metaforicamente per strada le chitarre fatte a pezzi da quel movimento, ricomposero e riordinarono la musica pop-rock restituendogli dignità e riportandola al grande successo come dimostrato dagli scozzesi Simple minds.
Piacesse o meno, il punk ebbe l’indubbio merito di dare la sveglia a coloro che si stavano “addormentando” con la chitarra in mano, ma i cui scarsi contenuti avrebbero posto ben presto fine alla sua breve e distruttiva parabola, lasciando però sul campo numerosi figli e figliastri (hardcore, street-punk, alternative rock, post punk e così via), nelle cui vene scorreva ancora il sangue dei “nonni”; i gloriosi garage rockers di cui il punk era a sua volta il figlio degenere.
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