A distanza di tanti anni un disco capolavoro ancor oggi perfettamente godibile, commovente e vitale, forse il primo disco italiano veramente compiuto fra quelli che diedero inizio al progressive nostrano e questo per opera non di un gruppo ma di un giovanissimo cantautore con un bagaglio filosofico, poetico e musicale già perfettamente compiuto: Claudio Rocchi.
Certo l’input per questa, del tutto diversa e meno cantautorale, jam mistica lo diedero anche le dolci canzoni e il brano psichedelico Oeuvres, con Mauro Pagani al flauto e non solo;
di Viaggio, il suo primo disco da solista e “Premio della Critica 1971”, fatto dopo una iniziale collaborazione con gli Stormy Six, rileviamo che già a quei tempi entusiasmò gli ascoltatori della trasmissione radiofonica Per voi giovani. E la dolcezza del primo disco la troviamo tutta, anche se più dilatata, nella seconda facciata dell’album con le bellissime Tutto quello che ho da dire per piano e discretissimo mellotron e la storica La realtà non esiste, brano da brividi dove un gymnopedico pianoforte sembra precorrere di diversi anni il Brian Eno di Music For Airports.
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